Harold ed Io

Titolo giusto un filo altisonante, lo so. Non me ne vogliate, ma per me non è possibile ricordare Harold Ramis prescindendo dal mio rapporto con la sua figura.

Non aver mai potuto incontrarlo, fosse anche per una fugace stretta di mano come invece potei fare con Bill Murray, è un mio grande rimpianto.

La cosa strana, quella che mi fa anche sentire un po’ in colpa quando si parla di Harold Ramis, è che non avevo mai realizzato quanto a fondo la sua influenza fosse stata importante per la mia vita fino a quel 24 febbraio 2014, quando uno dei miei migliori amici mi mandò un messaggio:

“La notizia della morte di Harold Ramis è tristezza pura”.

Con queste parole ho saputo che se ne era andato.

E in quell’esatto momento ho iniziato a sentire uno strano formicolio tra la bocca dello stomaco e la cassa toracica. Come un mulinello. Rapidamente, quel mulinello è diventato un gorgo, poi una voragine.

E ho pianto.

Non mi vergogno ad ammetterlo.

Ho pianto a lungo, anche nei giorni seguenti, come se ne fosse andato un mio parente stretto. Il che era una cosa singolare, dal momento che, in tutti quegli anni, non è che avessi seguito pedissequamente la vita e la carriera del maestro Ramis. Da fan dei Ghostbusters, sapevo ovviamente che lui era uno degli scrittori di quel capolavoro della commedia, oltre ad aver portato in vita il mio Acchiappafantasmi preferito, Egon Spengler. Avevo visto alcuni suoi film, quasi tutti mi erano piaciuti, alcuni no. La mia era una conoscenza superficiale.

O almeno così credevo.

Perché invece ho scoperto (troppo tardi) quanto il suo modo di intendere l’umorismo, la sua ironia tagliente espressa sempre col più gioviale dei sorrisi, il suo modo di raccontare storie di personaggi che la società etichettava come “perdenti”, ma che per lui erano “ribelli”, avesse indirizzato il mio modo di vedere la vita e l’arte.

Ho passato giorni con gli occhi lucidi a leggere i messaggi di cordoglio e sgomento lasciati da colleghi e amici di tutto lo show business.

Bill Murray, Dan Aykroyd, Ernie Hudson, Seth Rogen, Billy Crystal, Jon Favreau, Zach Braff, Seth McFarlane, Rainn Wilson, Adam Sandler e tanti, tanti altri.

Ho avvertito allora il bisogno di sapere di più su di lui, su quella figura che, silenziosamente, aveva piantato radici così profonde nel mio cuore, e che ora aveva lasciato un vuoto inspiegabile e tremendo.

E così ho scoperto la sua filosofia, la sua mentalità accogliente, sempre curiosa. Lui, ebreo di nascita che aveva scoperto il buddismo, aveva riversato una profondità di pensiero veramente rara anche nelle sue pellicole all’apparenza più scanzonate.

Un passo importante nella mia scoperta di Harold Ramis lo ha determinato l’uscita della biografia “Ghostbuster’s Daughter”, scritta dalla figlia Violet Ramis Stiel e pubblicato in Italia da Sagoma Editore.

Nell’approcciarsi a un personaggio così particolare raccogliendo notizie qua e là, e colmando le lacune con le idee che ci si fa leggendo tra le righe nei suoi lavori, è facile idealizzarlo, crearne un’immagine falsata.

Il libro di Violet mi ha fatto capire di non essermi allontanato troppo dalla realtà. Emerge la figura di un uomo dalla mente lucidissima e le idee molto chiare. Uno spirito alla continua ricerca di qualcosa di nuovo da sperimentare, in fuga costante dall’ortodossia, spesso fino alle estreme conseguenze. Un padre affettuoso, un autentico supereroe per i suoi figli. Un innovatore della comicità. Un amico sensibile e devoto, che ha sofferto orribilmente per la rottura dell’amicizia con Bill Murray, fortunatamente ritrovata pochi mesi prima di morire.

Ho scoperto che il “mio” Harold, quell’omone alto che mi aveva fatto sognare per la prima volta nei panni di Egon, era proprio come lo avevo immaginato. E anzi, era tanto di più.

Il rimpianto di non averlo mai potuto incontrare, a quel punto, si è acuito, ma si è fatto anche più “dolce”. Ho scoperto che quasi tutto quello che ho fatto da allora, più o meno consapevolmente, era dedicato a lui, un mio piccolo “grazie” con la speranza che il mio pensiero potesse raggiungerlo dovunque lui fosse.

Se amate la commedia americana, se credete nella gentilezza, nel poter tagliare il traguardo anche passando per strade inconsuete, magari assurde, fregandovene delle risate che vi arriveranno in faccia o alle spalle, allora anche per voi Harold Ramis ha significato più di quanto immaginiate.

Oggi sono dieci anni dalla sua morte.

O meglio, dal suo abbandono di questo piano di esistenza.

Uno come Harold, però, non si dissolve semplicemente nell’universo come vediamo fare al fantasma di Egon nel meraviglioso finale di “Ghostbusters: Legacy”. Lui ha lasciato dietro di sé tanta arte, tanto pensiero, tanta bellezza. E allora io voglio ricordarlo riportando qui alcuni suoi aforismi, pillole di quell’anima straordinaria che tanto ha significato per me e per molti.

“Se è vero che siamo noi a dare un significato alla nostra vita,

abbiamo l’opportunità di darle un significato ricchissimo

mettendoci al servizio del prossimo”.

“La vita non si cura della tua visione.

Le cose accadono, e tu devi farci i conti.

Devi stare al gioco. È proprio questo il bello”.

“Commedia e tragedia coesistono.

Non puoi avere una senza l’altra.

Sono della scuola di pensiero secondo la quale

qualunque cosa può essere buffa se inquadrata

da un punto di vista comico”.

“C’è un grande adagio rabbinico che raccomanda

di iniziare ogni giorno con un biglietto in ciascuna tasca.

Su uno c’è scritto “Il mondo è stato creato per te, oggi”.

Sull’altro invece c’è scritto “Sei un

granello di polvere in un universo privo di senso”.

Entrambe le cose sono vere,

e a te spetta bilanciarle”.

“Tante persone iniziano relazioni serie pensando

di poter guarire qualcuno col loro amore e la loro premura,

ma di solito non funziona così.

Non fai rinsavire qualcuno amandolo”.

“Cerco un significato in ciò che è buffo,

e cerco ciò che è buffo nelle cose

che hanno un significato per me”.

“I miei personaggi non sono perdenti.

Sono ribelli. Vincono attraverso il loro

rifiuto di giocare secondo le regole

di tutti gli altri”.

“Ho incontrato un tale che diceva di aver

individuato il mio genere.

Commedia scapestrata di redenzione ‘.

Io ci sto”.

Recentemente, la cittadina di Woodstock (dove si svolsero le riprese di “Ricomincio da capo”) ha proclamato il 2 febbraio, il giorno della marmotta, “Harold Ramis Day”.

Tra i promotori dell’iniziativa, presenti alla cerimonia, ci sono stati Bill Murray e il fratello Brian Doyle.

Bill ha fatto un discorso scanzonato come al suo solito, ma in quegli occhi furbi e in quel sopracciglio alzato, dietro alle sue battute al fulmicotone, c’è sempre un velo di malinconia, quando si parla di Harold Ramis. E lo ammetto: un po’ io ce l’avrò sempre con Bill.

Lui aveva la fortuna di essere praticamente un fratello, per Harold. Di essergli vicino come poche altre persone. E per rabbia, per orgoglio, per risentimento… secondo alcuni, per invidia … ha rinunciato a tutto questo, riuscendo miracolosamente a “recuperarlo” appena in tempo.

Ce l’avrò sempre un po’ con Bill. E credo che anche Bill ce l’avrà sempre un po’ con se stesso.

Ma così va la vita. Devi stare al gioco, direbbe Harold.

E lui ha giocato da vero campione.

Ci vediamo dall’altra parte, Harold.

Edoardo Stoppacciaro